Abbiamo provato a confrontarci su queste complesse domande in una nuova puntata di “Filo diretto con l’autore” insieme a Claudio Lalla, autore de “La scelta e il destino alla luce delle esperienze oltremondane”.  

Il male è in genere un tema tabù, poco esplorato in profondità in quanto tema complesso. Le nostre ipotesi sembrano troppo fragili e spesso preferiamo aggirare o evitare un confronto che sembra un sfida troppo ardua. Eppure non c’è cosa più interessante che riflettere su ciò a cui sappiamo in partenza di non avere una risposta certa. Confrontarci sulle grandi domande esistenziali ampia la nostra visione, tanto più se lo facciamo su domande a cui nel corso di tutte le epoche, si è cercato di dare risposta come: cosa si intende per male, quali sono le raffigurazioni sociali del male e le forme effettive che esso può assumere?

Per questo, a distanza di pochi mesi, abbiamo nuovamente invitato a “Filo diretto con l’autore” Claudio Lalla, autore per Amrita Edizioni de “La scelta e il destino alla luce delle esperienze oltremondane”, offrendoci l’occasione di affrontare il tema del male alla luce dei suoi studi sulle esperienze oltremondane (visioni dei morenti nelle ore che precedono il trapasso, Near Death Experiences, esperienze spontanee di comunicazione con un proprio caro deceduto o IADC-Induced After Death Communication). 

Claudio Lalla ha raccolto le testimonianze dei suoi pazienti vissute durante le esperienze oltremondane, di premorte o di IADC. In molti raccontano di essere entrati in contatto con i valori dell’amore e della conoscenza e con una entità che riconoscono come divina, dalla conoscenza incommensurabile, che si rivolge a loro con un amore infinito.

Se questa visione e intuizione viene percepita come bene, di contro vengono intese come male tutte le forme di allontanamento dai valori dell’amore e della conoscenza. Le stesse testimonianze dei pazienti sono utili a comprendere il “significato” della nostra vita che si trasforma in un’opportunità di crescita in cui incarnare i valori dell’amore e della conoscenza. Le capacità di amare e di conoscere fondano la parte buona del nostro essere; l’incapacità di amare e conoscere ne rivelano, di converso, la parte cattiva.

Sorge spontaneo chiedersi: “se esiste un dio che incarna questi valori, come può consentire l’esistenza del male nel mondo terreno e come può esso stesso convivere con il male?”.

Epicuro risolveva l’incognita sostenendo che dio aveva altro a cui pensare. Per Platone era l’uomo a introdurre il male nel mondo e dio, essendo buono, non poteva essere incolpato delle ingiustizie. Pensiero preso a prestito anche dalla chiesa cattolica che riferisce di un dio passivo e inerte che scarica le responsabilità del male al libero arbitrio e alla figura del diavolo, ingannevole e ammaliatore, che permette di scagionare anche gli uomini.

«L’idea del diavolo si è fatta strada nel corso dei secoli basandosi su ricostruzioni storiche errate. Tra queste la nota vicenda di Lucifero, il cui nome nel libro di Isaia si riferisce al re di Babilonia sconfitto da Ciro il Grande. Lucifero, che significa portatore di luce, è la prima stella del mattino ed era il simbolo del re di Babilonia caduto per mezzo di Ciro il Grande. Nella Bibbia, invece, satana è una figura positiva che aiuta dio a mettere alla prova gli esseri umani» commenta Claudio Lalla. 

Le varie religioni si sono create un’idea di dio approssimata, estremamente antropomorfizzata perché l’uomo proietta se stesso, compresi i propri i limiti e il male che si porta dentro. 

Durante le esperienze di premorte emerge una visione di dio come personificazione dell’amore e della conoscenza, non un maestro che dice cosa fare o cosa è giusto e cos'è sbagliato. Era, dunque, giusto che Abramo uccidesse il proprio figlio solo perché era dio ad averglielo ordinato?

«Dobbiamo prenderci la responsabilità, non possiamo delegare a dio ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Noi tutti dentro portiamo la potenzialità del male. Il male è dentro di noi, non è il diavolo a scatenarlo. Serve domandarci quali sono le debolezze e le inclinazioni che ci portano a fare del male. Ad esempio la rabbia, una reazione emotiva che può spingerci a fare del male a chi sta vicino a noi. Il male si prepara la strada con il pensiero, con la rappresentazione di ciò che immaginiamo dell’altra persona. Sotto l’impulso della rabbia facciamo cose che non solo colpiscono l’altro, ma anche noi stessi attraverso i sensi di colpa. Non serve poi un auto punizione o una confessione per cancellarla, serve fare i conti con la propria coscienza, empatizzare per capire il danno fatto alla persona, per cambiare ed evolvere. Ecco che il male può essere utile a migliorarci» commenta l’autore. 

Secondo il filosofo Leibniz “dio ammetteva l’esistenza del male che in ultima analisi può concorrere al bene”. Nelle esperienze di premorte si comprende il disegno volto al bene di certi accadimenti, anche nefasti, durante la vita terrena. La conoscenza intuitiva vissuta durante quei momenti secondo Lalla è sovrapponibile a quanto diceva Leibniz. 

Il male, dunque, è un'opportunità per il bene, l’importante è domandarsi sempre cosa farne del male, delle sue forme impersonali, del nostro e di quello degli altri.

Il confronto con il bene e il male è la maniera migliore per crescere e migliorarci

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