Tania Re: le piante maestre, una via di guarigione che la natura offre e che la ricerca storica, antropologica e medica può restituirci

In occasione di Filo Diretto con l’Autore e dell'uscita del suo libro “Stupefacenti e proibite: le piante maestre”, abbiamo incontrato Tania Re, psicoterapeuta specializzata in Antropologia della Salute ed Etnomedicina. Con lei siamo andati alla scoperta di piante “di conoscenza” che hanno avuto nel tempo un’enorme importanza per molte società antiche e moderne. Un viaggio anche tra popoli che ancora praticano le proprie medicine tradizionali e che hanno saputo onorare le potenzialità di queste piante, in Occidente osteggiate e incomprese.

Che cosa sono le piante “maestre” o piante “di conoscenza”?

Queste piante, come dice il nome stesso, sono delle maestre perché capaci di insegnare una parte della realtà che ordinariamente gli umani non possono percepire. Nei loro contesti tradizionali, sono onorate per le loro proprietà curative, tanto per malattie organiche che mentali, e utilizzate per cerimonie a beneficio della comunità.

Tania Re, si occupata di antropologia medica, ovvero di come gli esseri umani si sono prodigati per mantenere la salute e curare le malattie, esplorando in particolare le culture tradizionali del Sud America lavorando con le comunità indigene. Ogni cultura ha infatti prodotto un suo sistema terapeutico; l'etnomedicina è proprio lo studio delle piante che gli esseri umani hanno da sempre utilizzato per preservare la propria salute.

Il suo primo maestro, ci racconta Tania, è stato il professor Scarpa, un suo insegnamento che ancora la accompagna è che “ogni sistema di cura ha pari dignità”. Da sempre, gli esseri umani si curano con le piante. In particolare con le piante “maestre” quali il tabacco, la coca, l’oppio, oggi etichettate in Occidente come droghe.

Ippocrate, il padre della cosiddetta medicina scientifica occidentale, curava i reumatismi facendo dormire le persone affette da questo disturbo, sotto i salici; il salix alba da cui oggi prendiamo l'aspirina, l'acido acetilsalicilico. Ma dentro il salice c’è un fitocomplesso, una pianta è un sistema complesso. In occidente abbiamo estrapolato sempre di più i principi attivi per poterli misurare, dosare e per poter analizzare la funzione di queste molecole, perdendo un pò di vista quello che è l’insieme. Le comunità indigene, ad esempio, in Amazzonia, mantengono questa connessione con la rete biotica che avvolge gli essere umani, vegetali e animali, in una interazione costante e proficua per tutti.

Le piante maestre, oltre ad avere delle proprietà terapeutiche estremamente interessanti, hanno anche la capacità di far accedere a un mondo che va oltre l’esperienza sensoriale, dove possiamo accedere a un sistema di conoscenze intuivo metaforico immaginifico. Sono come una lampada di Diogene che può illuminare il cammino. In questo senso studiare le piante maestre vuol dire anche studiare un pò quel territorio al confine delle neuroscienze che è la coscienza.

Stupefacenti e proibite: le piante maestre” è un libro dedicato alle piante, in cui l'autrice cerca di dar voce a chi ha una voce diversa, un linguaggio diverso da quello umano. Ogni pianta è presentata attraverso il racconto di storie vissute dall’autrice o da colleghi ricercatori nelle terre di origine di quella pianta e in contatto con le popolazioni ad essa legate. Piante maestre andine e amazzoniche, mesoamericane, africane, funghi... fino ad arrivare a un breve capitolo dedicato alle sostanze di sintesi nate in laboratorio. Ogni capitolo racconta la pianta attraverso una parte tecnica, di etnobotanica, e le più recenti ricerche e casi sull’uso curativo di queste sostanze, mettendo in luce le loro grandi potenzialità, con l’auspicio che possano tornare disponibili grazie al lavoro di ricercatori, università e associazioni.

Infatti, sebbene le prime ricerche sulle proprietà terapeutiche di queste piante risalgano agli anni ‘60 e ‘70, la ricerca accademica ha subìto nel tempo in Occidente un brusco arresto che ne ha frenato l’impiego terapeutico in ambito medico e psicologico. Per la loro capacità di modificare lo stato ordinario di coscienza, vengono considerate sostanze psicoattive pericolose, etichettate come droghe. E seguono anni di oscurantismo.

Ma qualcosa è cambiato negli ultimi anni; per molte sostanze, a partire dalla canapa che in Italia ha una lunga tradizione, le ricerche sono ripartite. Le evidenze che stanno emergendo nello studio con metodo scientifico sono molto interessanti, come riportato nel libro, offrendo nuove opportunità terapeutiche.

Molto interessante a questo proposito, ci racconta Tania, è la psilocibina, una sostanza prodotta in natura da oltre 200 specie di funghi, noti collettivamente come funghi psilocibinici. Nel 2016 è stato fatto un primo studio clinico su esseri umani utilizzando la risonanza magnetica. I dati, analizzati da fisici e i matematici italiani, dicono che l'assunzione di questa sostanza fa sì che la connettività tra aree distanti del cervello aumenti in maniera estremamente significativa. Altre ricerche hanno studiato l'uso di questa sostanza per la cura di dipendenze come quella da alcol e tabacco, con risultati notevoli. All'imperial College di Londra si studia la psilocibina per il trattamento della depressione farmacoresistente. La Facoltà di Medicina dell’Università di New York e altri centri, hanno condotto ricerche sull’efficacia della psilocibina per il trattamento dell’ansia dei pazienti oncologici terminali. Le fasi ansiose e depressive conseguenti a questa diagnosi possono essere alleviate, secondo le ricerche, con la psilocibina che è in grado di innescare importanti e durevoli cambiamenti nelle nostre funzioni cerebrali e particolari esperienze di evoluzione spirituale, tali da produrre un sollievo immediato e a lungo termine in persone affette da stress esistenziale e da altre crisi legate alla consapevolezza di dover morire.

Per scoprire di più sui tanti argomenti toccati insieme a Tania Re, ti lasciamo di seguito la registrazione dell'incontro.

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