Siccome capto facilmente l’energia degli altri, ho difficoltà a differenziare le mie emozioni dalle loro. Come porvi rimedio?

Ci sono due ragioni principali per cui una persona capta facilmente le emozioni altrui: la prima, è che l’emozione dell’altro può risveglia o riaccendere le tue emozioni irrisolte, quelle cioè, che hai già provato ma che non hai ancora espresso e/o perdonato.
La seconda ragione è che puoi sentirti responsabile della felicità altrui, ossia credi di dovere assolutamente trovare il mezzo perché l’altro smetta di soffrire.
Per porvi rimedio, incomincia con l’ammettere che l’emozione dell’altro è anche tua; dopo di che non ti resta che seguire le tappe che troverai in fondo a questo libro. Se riconosci di essere fra quelli che si sentono responsabili per gli altri, è importante imparare qualcosa circa la nozione di responsabilità e ti suggerisco la lettura di Responsabilità, impegno e sensi di colpa, in questa stessa collana.

Tratto da Emozioni, sentimenti, perdono di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Perché le emozioni sono più difficili da vivere con il mio partner?
Per te è più difficile con lui, ma per altri potrà esserlo con i bambini, il capufficio, i genitori, eccetera. La ragione di tanta difficoltà è il fatto che alcune persone ti rimandano meglio di altre l’immagine di ciò che non accetti di te stessa. Ed è questo che ti fa reagire con tuo marito.
Ti rimanda aspetti o parti di te che non ti piacciono e che non vuoi accettare; lo incolpi esattamente come incolpi te stessa inconsciamente. È giustappunto nella tua vita per aiutarti a diventare consapevole di queste parti di te che non accetti: attraverso di lui, hai l’occasione di conoscerti meglio; è quella che si chiama “teoria dello specchio”. Tuo marito, dunque, ti offre l’occasione di imparare ad amarti, a concederti di essere quello che sei. Per saperne di più sulla teoria dello specchio, ti suggerisco di leggere un altro libro di questa collana: Les relations intimes*.

Tratto da Emozioni, sentimenti, perdono di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come si riesce a chiedere perdono ad un orgoglioso cronico?
Si chiede perdono all’orgoglioso come a chiunque altro. Se è tanto orgoglioso, sarà felice di non sentirsi sotto accusa! In effetti, quando chiediamo sinceramente perdono, l’altro non si sente affatto incolpato. L’orgoglioso cronico ha molta paura di essere messo sotto accusa; ha un tale rifiuto di sé da autoaccusarsi sempre di qualcosa; non ha dunque bisogno che altri lo incolpino di qualcosa, ci riesce benissimo da solo. Per questa ragione che è così sulla difensiva.

Tratto da Emozioni, sentimenti, perdono di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Si può desiderare qualcosa per nostro figlio tanto intensamente da farlo accadere?
Stai parlando di fare una proiezione su qualcun altro. Prima di avventurarti su questo terreno, ti consiglio fortemente di verificare se è precisamente quello che tuo figlio desidera. Qualsiasi proiezione mentale diventa una forma-pensiero (o elementale), che galleggia invisibile sopra la persona verso la quale è stata proiettata. Più ci metti energia, più rapidamente questo elementale si manifesterà. Se tuo figlio desidera qualcosa di opposto a ciò che vuoi tu, si creerà un elementale opposto. Allora la tua proiezione andrà ad interferire con il suo disegno di vita, rendendo il manifestarsi del suo desiderio più difficile. Se il suo elementale è più forte del tuo, quello che avrai proiettato su di lui ti sarà ritornato, giacché è una tua creazione.
Questo spiega perché, quando una persona si augura il male dell’altro o si augura che all’altro accada qualcosa di violento, alla fine questa disgrazia colpisce il mandante. Si tratta infatti di un riflesso automatico, comune a noi tutti, che consiste nel rifiutare una forma-pensiero o una proiezione proveniente da altri, anche se tutto questo processo è inconscio. Il nostro dio interiore e le nostre guide invisibili ci aiutano e ci proteggono.
Se quanto proietti su tuo figlio si manifesta comunque, pur essendo opposto alle sue necessità, sappi che un giorno raccoglierai la stessa cosa. Per questa ragione ti suggerisco di chiedere, prima di procedere, l’accordo di tuo figlio.

Tratto da Migliorare i rapporti genitori-figli di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come preparare i figli per il futuro?
Il modo migliore di insegnare qualsiasi cosa ai figli è dar loro l’esempio con le tue azioni, con il tuo atteggiamento quotidiano. Sii tu stesso il più possibile felice, in ogni istante. Insegna loro che l’avvenire di ciascuno dipende sempre dal momento presente; spiega che oggi raccolgono ciò che hanno seminato ieri, e che domani raccoglieranno ciò che seminano oggi. Se oggi provano gioia di vivere, se sono pieni di fiducia in se stessi e nella vita, se fanno il meglio che sanno e se si accettano così, non avranno nulla da temere per il futuro.

Tratto da Migliorare i rapporti genitori-figli di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



È possibile che i bambini si sviluppi no bene, anche se nella coppia non c’è amore?
Se vi accettate nel riconoscimento di questa mancanza d’amore, se siete autentici e non cercate di far credere il contrario ai figli, è molto probabile che ciò che vivete come coppia non li disturbi affatto. Sapete, amarsi significa accettarsi, significa concedersi di essere se stessi. I genitori possono anche smettere di amarsi sul piano dell’intimità, continuando però ad amarsi, ovvero ad accettarsi, reciprocamente, per come sono. Se invece la situazione fra i genitori è vissuta con stress, con animosità e con vicendevoli critiche, è certamente difficilissimo che i bambini imparino l’armonia.

Tratto da Migliorare i rapporti genitori-figli di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come fare quando si è una donna che non lavora, ed è il marito a provvedere a tutto?
Nella tua domanda, percepisco la non accettazione del fatto che tuo marito debba provvedere a te materialmente. Gli hai chiesto come vive questa situazione? Hai osservato ciò che accade davvero dentro di te? Sei stata capace, fin qui, di esprimere a tuo marito quello che provi rispetto a questa situazione? È importante sapere che l’universo sostenta tutti quanti, ma in modo diverso. Nel tuo caso, vieni sostentata per mezzo di tuo marito. Forse la cosa non durerà per sempre: ci sono persone che si automantengono con uno stipendio o un reddito, altre attraverso un’eredità, altre guadagnano montagne di denaro. L’importante è essere consapevole di che cosa l’Universo ti manda e ringraziarlo.

Tratto da Migliorare i rapporti di coppia di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come comportarsi quando si vive con un marito che ha degli attacchi di angoscia, e talvolta di panico? Trovo che la cosa finisce per influenzare anche l’altro.

Questa situazione ti tocca perché ti disturba, e non riesci ad accettare lo stato di tuo marito. Una persona prova angoscia quando non si ama abbastanza. Avrai probabilmente notato che quando tuo marito entra in crisi prova dolore nella regione del cuore; questa zona viene compressa, ed il messaggio del corpo è il seguente: «Aiuto! Mi manca l’amore, amami di più». Tuo marito dev’essere una persona molto esigente con se stessa, che certamente non si concede molto amore. Potresti parlargliene apertamente.
Conosco un ottimo rimedio per chi soffre di angoscia; suggeriscigli di farsi almeno dieci complimenti al giorno, per iscritto. Invece di concentrare l’attenzione su ciò che si rimprovera, potrà incominciare a farsi i complimenti per tutte le buone cose che ha realizzato, detto o sperimentato dentro di sé durante il giorno. Se farà questo esercizio ogni sera, incomincerà pian piano a stimarsi di più.
Non dev’essere facile dividere la vita con una persona angosciata, soprattutto se hai difficoltà ad accettare la situazione. La cosa migliore, per te, è imparare a percepire il suo dolore, la sua mancanza di amore per se stesso. Non si tratta di buttargli in faccia un «beh, insomma, hai solo da amarti di più!», bensì di accettare il suo stato presente senza fargli una ramanzina. Perderesti il tuo tempo, cercando di farlo ragionare. Limitati a constatare che sta
passando un periodo difficile e che per il momento gli è difficile amarsi. Ti sarà allora più facile accettare la situazione.

Tratto da Migliorare i rapporti di coppia di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Che differenza c’è fra sensualità e sessualità? Dove collochi la libido?
La sensualità riguarda propriamente i sensi. Ad una persona sensuale piacerà sperimentare tutto ciò che esalta i sensi, sia sul piano sessuale che in altri campi, e vorrà toccare, assaggiare, annusare e vede re quando fa l’amore. La sessualità è definita come l’insieme dei comportamenti relativi all’apparato genitale. Nell’atto sessuale, la persona non sensuale vorrà arrivare rapida mente all’orgasmo; penserà soltanto all’atto in sé, non al partner. La libido, legata alla sessualità, è la ricerca istintiva del piacere sessuale.
Tratto da Sensualità e sessualità di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come riuscire a dimenticare il passato per vivere una relazione sessuale soddisfacente?
Se un doloroso passato ti impedisce di vivere una relazione sessuale armoniosa, vuol dire che continui ad alimentare un rancore nei confronti di una o più persone causa di quel dolore. C’è ancora una ferita non guarita, e l’unico modo che conosco per guarirla sta nel vero perdono. La tecnica del perdono è descritta in diversi miei libri, oltre che insegnata nella mia scuola.

Tratto da Sensualità e sessualità di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Il punto G nella sessualità è collegato a un chakra? Favorisce il piacere?
Il punto G è effettivamente collegato in modo diretto con l’energia sessuale di base. La sua stimolazione attiva risveglia l’energia, favorendo il piacere sessuale. Ho potuto constatare che questo punto è maggiormente sensibile in donne che hanno più facilità ad abbandonarsi, e che fanno l’amore per il piacere di farlo. A mio avviso, il punto è collegato al primo e al secondo chakra, due chakra difficili da dissociare perché si influenzano rispettivamente. Il primo chakra, infatti, ha a che vedere con il risvegliarsi del piacere, ed il secondo con sente alla persona di provare l’orgasmo.

Tratto da Sensualità e sessualità di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita

Come posso liberarmi dell’agorafobia?
Per cominciare, tengo a descrivere l’agorafobia perché sono migliaia le persone che soffrono di questa fobia senza saperlo. Accade addirittura che vengano curate per l’angoscia o per una depressione, cosa che può rivelarsi più nociva che di aiuto.
L’agorafobia è caratterizzata da una forte paura di trovarsi lontano da un luogo e/o da una persona che dà sicurezza. Chi dà sicurezza di solito è il coniuge, un genitore o un amico. Il luogo che dà sicurezza di solito è la casa dell’agorafobo. L’agorafobo, quindi, teme di trovarsi da solo in un luogo pubblico da cui potrebbe difficilmente fuggire, e teme di non ricevere un rapido soccorso in caso di un improvviso malessere. Finisce così con l’evitare tutte le situazioni che possono generare un’insicurezza psicologica, sicché resta perlopiù in casa, osando uscire soltanto di quando in quando, accompagnato da qualcuno che gli dà sicurezza.
Le situazioni ansiogene causano nell’agorafobo delle reazioni fisiologiche (palpitazioni cardiache, capogiri, tensione o indebolimento muscolare, sudori, difficoltà respiratorie, nausee, incontinenza, e così via) che possono condurre al panico. Scatenano anche reazioni cognitive (impressione di estraneità, paura di perdere il controllo, di impazzire, di venire umiliato pubblicamente, di svenire o di morire, e così via), oltreché reazioni comportamentali (fuga da situazioni ansiogene e, ovviamente, da qualsiasi luogo che appare lontano dalla persona o dal luogo che danno sicurezza).
In generale, gli agorafobi temono di perdere conoscenza, di cadere, di avere un attacco di cuore, di sembrare pazzi, di diventare pazzi. La paura e le sensazioni che percepiscono sono incredibilmente intense, al punto da far loro evitare situazioni che non presentano una via di fuga. Di fatto, le temute catastrofi non si avverano mai. Così come l’agorafobo non perde il controllo: ha piuttosto l’impressione di perderlo o, più spesso, ha paura di aver paura. Ecco perché l’agorafobia è spesso descritta come “la paura di aver paura”.
Gli individui colpiti da questo disturbo non sono dei malati, e soprattutto non sono malati mentali. È vero che non osano parlarne, perché hanno paura di passare per pazzi; quasi sempre, si tratta di una fobia che è stata “imparata”; di solito è difficile conoscere con precisione che cosa ha scatenato per la prima volta tale reazione, ma secondo le mie osservazioni, la cosa incomincia in tenera età, quando la persona perde qualcuno che le è molto caro: la mamma, il papà, la nonna, il nonno, uno zio, una zia, un fratello, una sorella o una qualsiasi altra persona che è affettivamente importante nel momento del suo allontanarsi o della sua morte.
Gli attacchi di agorafobia sembrano acuirsi dopo ogni cambiamento rilevante della vita: pubertà, fidanzamento, matrimonio, gravidanza, malattia, incidente, separazione, divorzio, morte di una persona, eccetera. A volte l’agorafobia si sviluppa gradatamente in un ambiente protettivo e/o rigido, oppure in un ambiente conflittuale.
La mia risposta alla persona che soffre di claustrofobia ti darà indicazioni su come riuscire a disfarti della tua agorafobia.

Tratto da Liberarsi da paure e credenze negative di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Chi può dire che ciò che credo non sia positivo? Chi mai detiene la verità “vera”?
Tu solo puoi sapere se ciò che credi è benefico per te o no. È molto semplice verificarlo: osserva i risultati che ottieni in diversi campi, per esempio nelle tue relazioni con i genitori, con i tuoi figli, con gli amici, con il tuo coniuge, nelle relazioni sessuali, sul lavoro, nella
salute, riguardo i beni materiali, il denaro, la libertà, eccetera. Le tue credenze ti portano i risultati voluti in questi campi? Se sì, allora tienile da conto! Se invece ci sono uno o più campi dove le cose non vanno come vorresti, significa che le tue credenze, in quei campi, non ti sono di alcun beneficio.
Sta a te soltanto prenderne coscienza e trasformarle.
Chi mai detiene la verità “vera”? Solo il tuo Dio interiore detiene la tua verità: sa esattamente ciò di cui hai bisogno. Non è meraviglioso sapere di avere tutto dentro di te? Ciononostante, questo non ti impedisca di ascoltare o di imparare dagli altri; gli altri possono aiutarti a risvegliarti, e di questo tutti abbiamo bisogno. Prendi comunque la buona abitudine di verificare dentro di te se ti senti bene rispetto ad una cosa nuova, prima di crederci.

Tratto da Liberarsi da paure e credenze negative di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Che differenza c’è fra abbondanza e prosperità?
L’abbondanza riguarda l’“avere”, e la prosperità, l’“essere”. Una persona prospera non vive necessariamente nell’abbondanza, se non per il fatto che sa, nel più profondo del cuore, che avrà sempre ciò di cui ha bisogno. Non si preoccupa per il futuro; la prosperità, dunque, è uno stato d’animo, o se vogliamo coniare un termine più calzante, “stato d’essere”.
In opposizione alla prosperità, troviamo la povertà, che è anch’essa uno “stato d’essere”: è lo stato di chi crede nella mancanza.

Tratto da Il denaro e l’abbondanza di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Che fare con una persona che ci chiede la carità per strada?
Le persone che mendicano per strada sono qui per darci l’opportunità di dare in modo incondizionato, ovvero dare anche se non siamo d’accordo con il loro modo di guadagnarsi la vita o su come impiegheranno la nostra offerta.
Quando, all’età di diciassette anni, arrivai a Montréal, vidi per la prima volta dei mendicanti, e ne fui scandalizzata; li giudicavo, pensando: “Che vergogna! Cadere così in basso! Che inferno dev’essere, vivere solo per bere alcool o per drogarsi, e non essere neppure più capaci di provvedere a se stessi”. Non volevo dar loro dei soldi perché credevo che così avrei incoraggiato i loro vizi. Se fossi stata sicura che, con i miei soldi, si fossero comprati un buon pasto, gliene avrei dati, ma siccome immaginavo che se li sarebbero bevuti, non davo nulla.
Ecco quello che si chiama dare in modo condizionato. Avrei voluto che si servissero del mio denaro così come a me piaceva. In seguito ho imparato che questo non è un buon modo per aprirsi all’abbondanza. Suggerisco di dare qualcosa a queste persone, anche il doppio di ciò che, di primo acchito, avevi intenzione di dare. Immagina la gioia di questa persona quando vedrà la somma che le hai dato. Questo dovrebbe bastare per sentirti a tua volta pieno di gioia. Questo sì che è un dono!

Tratto da Il denaro e l’abbondanza di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Che cosa intendi precisamente con l’espressione “impegnarsi”?
Impegnarsi significa legarsi a qualcuno o a qualcosa attraverso una promessa verbale o scritta. Molti credono di essersi impegna ti, ma si limitano a pensarlo, il che è una fonte attivissima di emozioni frequenti. Un impegno si colloca sempre sul piano dell’avere o del fare, ossia sul piano materiale. La responsabilità, invece, riguarda l’essere, ossia il campo spirituale. Per questa ragione l’impegno che è misurabile in termini di tempo, di spazio, di denaro, eccetera, va espresso in modo chiaro e preciso.
C’è un punto importante da non dimenticare, ed è che non ci si può impegnare per un altro. Ad esempio, la moglie non può accettare un invito a nome della coppia senza prima aver consultato il marito, e senza il suo assenso. Allo stesso modo, se uno dei due si impegna ad essere fedele all’altro, questo non vorrà dire automatica mente che anche l’altro si sia impegnato.
Quando ti trovi nell’impossibilità di man tenere una promessa, comincia con il con sentire a te stesso di disimpegnarti. Poi comunica la cosa verbalmente o per iscritto alla persona interessata. La stessa modalità va seguita quando l’impegno è stato preso con noi stessi. In seguito, in questo libro, troverai maggiori dettagli su come disimpegnarsi.

Tratto da Responsabilità impegno e sensi di colpa di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Come fare perché gli altri smettano di raccontarmi tutti i loro problemi?
È evidente che la prima cosa da fare è scoprire perché non vuoi ascoltare i pro blemi altrui. È forse perché vivi i loro stessi problemi? O perché vorresti trovare le solu zioni? Oppure, non sarà che non accetti il fatto di non avere alcuna soluzione da offrir loro? Dopo questa introspezione, potrai spiegare a queste persone perché preferisci non starle più a sentire. Certamente vi è una parte di te che soffre, e può darsi che prestare orecchio ai problemi di tutti sia al di là dei tuoi limiti.
Ma è anche possibile che qualcosa, den tro di te, faccia sì che le persone ti scelgano per raccontarti i loro problemi. Per caso, non fai anche tu altrettanto? Pensi forse che gli altri possano sistemare la tua vita? Se è così, può essere che per questo gli altri vengano da te, con la speranza che anche tu possa offrir loro una soluzione. Riassumendo, la prima tappa consiste nel prendere coscienza di ciò che stai vivendo, pensando o sentendo quando la gente ti racconta i suoi problemi. La seconda sta nel passare all’azione, spiegando loro perché non puoi più stare a sentire. Questo non significa che la cosa duri per sempre, perché ciò che stai provando è certamente temporaneo, come d’altronde tutto ciò che vive. Può darsi che accettandoti sempre di più, ed essendo sempre più cosciente di ciò che accade in te, un giorno tu possa sviluppare una maggiore capacità di aiutare le persone che hanno problemi.

Tratto da Responsabilità impegno e sensi di colpa di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Qual è la differenza tra “sentirsi colpevoli” ed “essere colpevoli”?
Sentirsi colpevole significa credersi tale, in funzione dei nostri valori, a loro volta provenienti dalle nostre credenze. Perlopiù la gente è bravissima a sentirsi colpevole quando, in realtà, ben raramente lo è. Questo avviene perché dimentichiamo di verificare se davvero abbiamo voluto recar danno. Decidiamo d’essere colpevoli perché ascoltiamo solo una parte di noi stessi, quella che crede che sia un male, quella che ci accusa.
Le credenze provengono dall’intelletto, non dal cuore. Per essere felici, bisogna che sia il cuore a condurre la danza. L’intelletto ha solo la facoltà di memorizzare, analizzare e pensare, e non ha la facoltà di decidere. Il suo ruolo è d’essere al servizio del cuore.
Quando crediamo che una cosa sia buona o cattiva, giusta o ingiusta, ci basiamo sulla memoria dell’intelletto, ossia su quanto abbiamo appreso in passato. È dunque importante verificare se quello che abbiamo imparato in passato, una data credenza, è ancora valida oggi, e se ci rende davvero felici. Se la cosa non ci rende felici (ed è quanto accade perlopiù quando ci sentiamo colpevoli) è molto facile dedurne che la credenza generatrice del senso di colpa non sia più benefica per noi. Il cuore soffre molto quando continuiamo ad accusarci di qualcosa. Accusare se stessi è il contrario di amar si. Concedersi di poter vivere determinate esperienze e di imparare attraverso di esse è invece ciò che vuole il cuore.

Tratto da Responsabilità impegno e sensi di colpa di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita

 

Siccome capto facilmente l’energia degli altri, ho difficoltà a differenziare le mie emozioni dalle loro. Come porvi rimedio?
Ci sono due ragioni principali per cui una persona capta facilmente le emozioni altrui: la prima, è che l’emozione dell’altro può risveglia o riaccendere le tue emozioni irrisolte, quelle cioè, che hai già provato ma che non hai ancora espresso e/o perdonato.
La seconda ragione è che puoi sentirti responsabile della felicità altrui, ossia credi di dovere assolutamente trovare il mezzo perché l’altro smetta di soffrire.
Per porvi rimedio, incomincia con l’ammettere che l’emozione dell’altro è anche tua; dopo di che non ti resta che seguire le tappe che troverai in fondo a questo libro. Se riconosci di essere fra quelli che si sentono responsabili per gli altri, è importante imparare qualcosa circa la nozione di responsabilità e ti suggerisco la lettura di Responsabilità, impegno e sensi di colpa, in questa stessa collana.

Tratto da Emozioni, sentimenti, perdono di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Perché le emozioni sono più difficili da vivere con il mio partner?
Per te è più difficile con lui, ma per altri potrà esserlo con i bambini, il capufficio, i genitori, eccetera. La ragione di tanta difficoltà è il fatto che alcune persone ti rimandano meglio di altre l’immagine di ciò che non accetti di te stessa. Ed è questo che ti fa reagire con tuo marito.
Ti rimanda aspetti o parti di te che non ti piacciono e che non vuoi accettare; lo incolpi esattamente come incolpi te stessa inconsciamente. È giustappunto nella tua vita per aiutarti a diventare consapevole di queste parti di te che non accetti: attraverso di lui, hai l’occasione di conoscerti meglio; è quella che si chiama “teoria dello specchio”. Tuo marito, dunque, ti offre l’occasione di imparare ad amarti, a concederti di essere quello che sei. Per saperne di più sulla teoria dello specchio, ti suggerisco di leggere un altro libro di questa collana: Les relations intimes*.

Tratto da Emozioni, sentimenti, perdono di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come si riesce a chiedere perdono ad un orgoglioso cronico?
Si chiede perdono all’orgoglioso come a chiunque altro. Se è tanto orgoglioso, sarà felice di non sentirsi sotto accusa! In effetti, quando chiediamo sinceramente perdono, l’altro non si sente affatto incolpato. L’orgoglioso cronico ha molta paura di essere messo sotto accusa; ha un tale rifiuto di sé da autoaccusarsi sempre di qualcosa; non ha dunque bisogno che altri lo incolpino di qualcosa, ci riesce benissimo da solo. Per questa ragione che è così sulla difensiva.

Tratto da Emozioni, sentimenti, perdono di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Si può desiderare qualcosa per nostro figlio tanto intensamente da farlo accadere?
Stai parlando di fare una proiezione su qualcun altro. Prima di avventurarti su questo terreno, ti consiglio fortemente di verificare se è precisamente quello che tuo figlio desidera. Qualsiasi proiezione mentale diventa una forma-pensiero (o elementale), che galleggia invisibile sopra la persona verso la quale è stata proiettata. Più ci metti energia, più rapidamente questo elementale si manifesterà. Se tuo figlio desidera qualcosa di opposto a ciò che vuoi tu, si creerà un elementale opposto. Allora la tua proiezione andrà ad interferire con il suo disegno di vita, rendendo il manifestarsi del suo desiderio più difficile. Se il suo elementale è più forte del tuo, quello che avrai proiettato su di lui ti sarà ritornato, giacché è una tua creazione.
Questo spiega perché, quando una persona si augura il male dell’altro o si augura che all’altro accada qualcosa di violento, alla fine questa disgrazia colpisce il mandante. Si tratta infatti di un riflesso automatico, comune a noi tutti, che consiste nel rifiutare una forma-pensiero o una proiezione proveniente da altri, anche se tutto questo processo è inconscio. Il nostro dio interiore e le nostre guide invisibili ci aiutano e ci proteggono.
Se quanto proietti su tuo figlio si manifesta comunque, pur essendo opposto alle sue necessità, sappi che un giorno raccoglierai la stessa cosa. Per questa ragione ti suggerisco di chiedere, prima di procedere, l’accordo di tuo figlio.

Tratto da Migliorare i rapporti genitori-figli di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come preparare i figli per il futuro?
Il modo migliore di insegnare qualsiasi cosa ai figli è dar loro l’esempio con le tue azioni, con il tuo atteggiamento quotidiano. Sii tu stesso il più possibile felice, in ogni istante. Insegna loro che l’avvenire di ciascuno dipende sempre dal momento presente; spiega che oggi raccolgono ciò che hanno seminato ieri, e che domani raccoglieranno ciò che seminano oggi. Se oggi provano gioia di vivere, se sono pieni di fiducia in se stessi e nella vita, se fanno il meglio che sanno e se si accettano così, non avranno nulla da temere per il futuro.

Tratto da Migliorare i rapporti genitori-figli di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



È possibile che i bambini si sviluppi no bene, anche se nella coppia non c’è amore?
Se vi accettate nel riconoscimento di questa mancanza d’amore, se siete autentici e non cercate di far credere il contrario ai figli, è molto probabile che ciò che vivete come coppia non li disturbi affatto. Sapete, amarsi significa accettarsi, significa concedersi di essere se stessi. I genitori possono anche smettere di amarsi sul piano dell’intimità, continuando però ad amarsi, ovvero ad accettarsi, reciprocamente, per come sono. Se invece la situazione fra i genitori è vissuta con stress, con animosità e con vicendevoli critiche, è certamente difficilissimo che i bambini imparino l’armonia.

Tratto da Migliorare i rapporti genitori-figli di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come fare quando si è una donna che non lavora, ed è il marito a provvedere a tutto?
Nella tua domanda, percepisco la non accettazione del fatto che tuo marito debba provvedere a te materialmente. Gli hai chiesto come vive questa situazione? Hai osservato ciò che accade davvero dentro di te? Sei stata capace, fin qui, di esprimere a tuo marito quello che provi rispetto a questa situazione? È importante sapere che l’universo sostenta tutti quanti, ma in modo diverso. Nel tuo caso, vieni sostentata per mezzo di tuo marito. Forse la cosa non durerà per sempre: ci sono persone che si automantengono con uno stipendio o un reddito, altre attraverso un’eredità, altre guadagnano montagne di denaro. L’importante è essere consapevole di che cosa l’Universo ti manda e ringraziarlo.

Tratto da Migliorare i rapporti di coppia di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come comportarsi quando si vive con un marito che ha degli attacchi di angoscia, e talvolta di panico? Trovo che la cosa finisce per influenzare anche l’altro.

Questa situazione ti tocca perché ti disturba, e non riesci ad accettare lo stato di tuo marito. Una persona prova angoscia quando non si ama abbastanza. Avrai probabilmente notato che quando tuo marito entra in crisi prova dolore nella regione del cuore; questa zona viene compressa, ed il messaggio del corpo è il seguente: «Aiuto! Mi manca l’amore, amami di più». Tuo marito dev’essere una persona molto esigente con se stessa, che certamente non si concede molto amore. Potresti parlargliene apertamente.
Conosco un ottimo rimedio per chi soffre di angoscia; suggeriscigli di farsi almeno dieci complimenti al giorno, per iscritto. Invece di concentrare l’attenzione su ciò che si rimprovera, potrà incominciare a farsi i complimenti per tutte le buone cose che ha realizzato, detto o sperimentato dentro di sé durante il giorno. Se farà questo esercizio ogni sera, incomincerà pian piano a stimarsi di più.
Non dev’essere facile dividere la vita con una persona angosciata, soprattutto se hai difficoltà ad accettare la situazione. La cosa migliore, per te, è imparare a percepire il suo dolore, la sua mancanza di amore per se stesso. Non si tratta di buttargli in faccia un «beh, insomma, hai solo da amarti di più!», bensì di accettare il suo stato presente senza fargli una ramanzina. Perderesti il tuo tempo, cercando di farlo ragionare. Limitati a constatare che sta
passando un periodo difficile e che per il momento gli è difficile amarsi. Ti sarà allora più facile accettare la situazione.

Tratto da Migliorare i rapporti di coppia di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Che differenza c’è fra sensualità e sessualità? Dove collochi la libido?
La sensualità riguarda propriamente i sensi. Ad una persona sensuale piacerà sperimentare tutto ciò che esalta i sensi, sia sul piano sessuale che in altri campi, e vorrà toccare, assaggiare, annusare e vede re quando fa l’amore. La sessualità è definita come l’insieme dei comportamenti relativi all’apparato genitale. Nell’atto sessuale, la persona non sensuale vorrà arrivare rapida mente all’orgasmo; penserà soltanto all’atto in sé, non al partner. La libido, legata alla sessualità, è la ricerca istintiva del piacere sessuale.
Tratto da Sensualità e sessualità di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Come riuscire a dimenticare il passato per vivere una relazione sessuale soddisfacente?
Se un doloroso passato ti impedisce di vivere una relazione sessuale armoniosa, vuol dire che continui ad alimentare un rancore nei confronti di una o più persone causa di quel dolore. C’è ancora una ferita non guarita, e l’unico modo che conosco per guarirla sta nel vero perdono. La tecnica del perdono è descritta in diversi miei libri, oltre che insegnata nella mia scuola.

Tratto da Sensualità e sessualità di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita



Il punto G nella sessualità è collegato a un chakra? Favorisce il piacere?
Il punto G è effettivamente collegato in modo diretto con l’energia sessuale di base. La sua stimolazione attiva risveglia l’energia, favorendo il piacere sessuale. Ho potuto constatare che questo punto è maggiormente sensibile in donne che hanno più facilità ad abbandonarsi, e che fanno l’amore per il piacere di farlo. A mio avviso, il punto è collegato al primo e al secondo chakra, due chakra difficili da dissociare perché si influenzano rispettivamente. Il primo chakra, infatti, ha a che vedere con il risvegliarsi del piacere, ed il secondo con sente alla persona di provare l’orgasmo.

Tratto da Sensualità e sessualità di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita

Come posso liberarmi dell’agorafobia?
Per cominciare, tengo a descrivere l’agorafobia perché sono migliaia le persone che soffrono di questa fobia senza saperlo. Accade addirittura che vengano curate per l’angoscia o per una depressione, cosa che può rivelarsi più nociva che di aiuto.
L’agorafobia è caratterizzata da una forte paura di trovarsi lontano da un luogo e/o da una persona che dà sicurezza. Chi dà sicurezza di solito è il coniuge, un genitore o un amico. Il luogo che dà sicurezza di solito è la casa dell’agorafobo. L’agorafobo, quindi, teme di trovarsi da solo in un luogo pubblico da cui potrebbe difficilmente fuggire, e teme di non ricevere un rapido soccorso in caso di un improvviso malessere. Finisce così con l’evitare tutte le situazioni che possono generare un’insicurezza psicologica, sicché resta perlopiù in casa, osando uscire soltanto di quando in quando, accompagnato da qualcuno che gli dà sicurezza.
Le situazioni ansiogene causano nell’agorafobo delle reazioni fisiologiche (palpitazioni cardiache, capogiri, tensione o indebolimento muscolare, sudori, difficoltà respiratorie, nausee, incontinenza, e così via) che possono condurre al panico. Scatenano anche reazioni cognitive (impressione di estraneità, paura di perdere il controllo, di impazzire, di venire umiliato pubblicamente, di svenire o di morire, e così via), oltreché reazioni comportamentali (fuga da situazioni ansiogene e, ovviamente, da qualsiasi luogo che appare lontano dalla persona o dal luogo che danno sicurezza).
In generale, gli agorafobi temono di perdere conoscenza, di cadere, di avere un attacco di cuore, di sembrare pazzi, di diventare pazzi. La paura e le sensazioni che percepiscono sono incredibilmente intense, al punto da far loro evitare situazioni che non presentano una via di fuga. Di fatto, le temute catastrofi non si avverano mai. Così come l’agorafobo non perde il controllo: ha piuttosto l’impressione di perderlo o, più spesso, ha paura di aver paura. Ecco perché l’agorafobia è spesso descritta come “la paura di aver paura”.
Gli individui colpiti da questo disturbo non sono dei malati, e soprattutto non sono malati mentali. È vero che non osano parlarne, perché hanno paura di passare per pazzi; quasi sempre, si tratta di una fobia che è stata “imparata”; di solito è difficile conoscere con precisione che cosa ha scatenato per la prima volta tale reazione, ma secondo le mie osservazioni, la cosa incomincia in tenera età, quando la persona perde qualcuno che le è molto caro: la mamma, il papà, la nonna, il nonno, uno zio, una zia, un fratello, una sorella o una qualsiasi altra persona che è affettivamente importante nel momento del suo allontanarsi o della sua morte.
Gli attacchi di agorafobia sembrano acuirsi dopo ogni cambiamento rilevante della vita: pubertà, fidanzamento, matrimonio, gravidanza, malattia, incidente, separazione, divorzio, morte di una persona, eccetera. A volte l’agorafobia si sviluppa gradatamente in un ambiente protettivo e/o rigido, oppure in un ambiente conflittuale.
La mia risposta alla persona che soffre di claustrofobia ti darà indicazioni su come riuscire a disfarti della tua agorafobia.

Tratto da Liberarsi da paure e credenze negative di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Chi può dire che ciò che credo non sia positivo? Chi mai detiene la verità “vera”?
Tu solo puoi sapere se ciò che credi è benefico per te o no. È molto semplice verificarlo: osserva i risultati che ottieni in diversi campi, per esempio nelle tue relazioni con i genitori, con i tuoi figli, con gli amici, con il tuo coniuge, nelle relazioni sessuali, sul lavoro, nella
salute, riguardo i beni materiali, il denaro, la libertà, eccetera. Le tue credenze ti portano i risultati voluti in questi campi? Se sì, allora tienile da conto! Se invece ci sono uno o più campi dove le cose non vanno come vorresti, significa che le tue credenze, in quei campi, non ti sono di alcun beneficio.
Sta a te soltanto prenderne coscienza e trasformarle.
Chi mai detiene la verità “vera”? Solo il tuo Dio interiore detiene la tua verità: sa esattamente ciò di cui hai bisogno. Non è meraviglioso sapere di avere tutto dentro di te? Ciononostante, questo non ti impedisca di ascoltare o di imparare dagli altri; gli altri possono aiutarti a risvegliarti, e di questo tutti abbiamo bisogno. Prendi comunque la buona abitudine di verificare dentro di te se ti senti bene rispetto ad una cosa nuova, prima di crederci.

Tratto da Liberarsi da paure e credenze negative di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Che differenza c’è fra abbondanza e prosperità?
L’abbondanza riguarda l’“avere”, e la prosperità, l’“essere”. Una persona prospera non vive necessariamente nell’abbondanza, se non per il fatto che sa, nel più profondo del cuore, che avrà sempre ciò di cui ha bisogno. Non si preoccupa per il futuro; la prosperità, dunque, è uno stato d’animo, o se vogliamo coniare un termine più calzante, “stato d’essere”.
In opposizione alla prosperità, troviamo la povertà, che è anch’essa uno “stato d’essere”: è lo stato di chi crede nella mancanza.

Tratto da Il denaro e l’abbondanza di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Che fare con una persona che ci chiede la carità per strada?
Le persone che mendicano per strada sono qui per darci l’opportunità di dare in modo incondizionato, ovvero dare anche se non siamo d’accordo con il loro modo di guadagnarsi la vita o su come impiegheranno la nostra offerta.
Quando, all’età di diciassette anni, arrivai a Montréal, vidi per la prima volta dei mendicanti, e ne fui scandalizzata; li giudicavo, pensando: “Che vergogna! Cadere così in basso! Che inferno dev’essere, vivere solo per bere alcool o per drogarsi, e non essere neppure più capaci di provvedere a se stessi”. Non volevo dar loro dei soldi perché credevo che così avrei incoraggiato i loro vizi. Se fossi stata sicura che, con i miei soldi, si fossero comprati un buon pasto, gliene avrei dati, ma siccome immaginavo che se li sarebbero bevuti, non davo nulla.
Ecco quello che si chiama dare in modo condizionato. Avrei voluto che si servissero del mio denaro così come a me piaceva. In seguito ho imparato che questo non è un buon modo per aprirsi all’abbondanza. Suggerisco di dare qualcosa a queste persone, anche il doppio di ciò che, di primo acchito, avevi intenzione di dare. Immagina la gioia di questa persona quando vedrà la somma che le hai dato. Questo dovrebbe bastare per sentirti a tua volta pieno di gioia. Questo sì che è un dono!

Tratto da Il denaro e l’abbondanza di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Che cosa intendi precisamente con l’espressione “impegnarsi”?
Impegnarsi significa legarsi a qualcuno o a qualcosa attraverso una promessa verbale o scritta. Molti credono di essersi impegna ti, ma si limitano a pensarlo, il che è una fonte attivissima di emozioni frequenti. Un impegno si colloca sempre sul piano dell’avere o del fare, ossia sul piano materiale. La responsabilità, invece, riguarda l’essere, ossia il campo spirituale. Per questa ragione l’impegno che è misurabile in termini di tempo, di spazio, di denaro, eccetera, va espresso in modo chiaro e preciso.
C’è un punto importante da non dimenticare, ed è che non ci si può impegnare per un altro. Ad esempio, la moglie non può accettare un invito a nome della coppia senza prima aver consultato il marito, e senza il suo assenso. Allo stesso modo, se uno dei due si impegna ad essere fedele all’altro, questo non vorrà dire automatica mente che anche l’altro si sia impegnato.
Quando ti trovi nell’impossibilità di man tenere una promessa, comincia con il con sentire a te stesso di disimpegnarti. Poi comunica la cosa verbalmente o per iscritto alla persona interessata. La stessa modalità va seguita quando l’impegno è stato preso con noi stessi. In seguito, in questo libro, troverai maggiori dettagli su come disimpegnarsi.

Tratto da Responsabilità impegno e sensi di colpa di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Come fare perché gli altri smettano di raccontarmi tutti i loro problemi?
È evidente che la prima cosa da fare è scoprire perché non vuoi ascoltare i pro blemi altrui. È forse perché vivi i loro stessi problemi? O perché vorresti trovare le solu zioni? Oppure, non sarà che non accetti il fatto di non avere alcuna soluzione da offrir loro? Dopo questa introspezione, potrai spiegare a queste persone perché preferisci non starle più a sentire. Certamente vi è una parte di te che soffre, e può darsi che prestare orecchio ai problemi di tutti sia al di là dei tuoi limiti.
Ma è anche possibile che qualcosa, den tro di te, faccia sì che le persone ti scelgano per raccontarti i loro problemi. Per caso, non fai anche tu altrettanto? Pensi forse che gli altri possano sistemare la tua vita? Se è così, può essere che per questo gli altri vengano da te, con la speranza che anche tu possa offrir loro una soluzione. Riassumendo, la prima tappa consiste nel prendere coscienza di ciò che stai vivendo, pensando o sentendo quando la gente ti racconta i suoi problemi. La seconda sta nel passare all’azione, spiegando loro perché non puoi più stare a sentire. Questo non significa che la cosa duri per sempre, perché ciò che stai provando è certamente temporaneo, come d’altronde tutto ciò che vive. Può darsi che accettandoti sempre di più, ed essendo sempre più cosciente di ciò che accade in te, un giorno tu possa sviluppare una maggiore capacità di aiutare le persone che hanno problemi.

Tratto da Responsabilità impegno e sensi di colpa di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita


Qual è la differenza tra “sentirsi colpevoli” ed “essere colpevoli”?
Sentirsi colpevole significa credersi tale, in funzione dei nostri valori, a loro volta provenienti dalle nostre credenze. Perlopiù la gente è bravissima a sentirsi colpevole quando, in realtà, ben raramente lo è. Questo avviene perché dimentichiamo di verificare se davvero abbiamo voluto recar danno. Decidiamo d’essere colpevoli perché ascoltiamo solo una parte di noi stessi, quella che crede che sia un male, quella che ci accusa.
Le credenze provengono dall’intelletto, non dal cuore. Per essere felici, bisogna che sia il cuore a condurre la danza. L’intelletto ha solo la facoltà di memorizzare, analizzare e pensare, e non ha la facoltà di decidere. Il suo ruolo è d’essere al servizio del cuore.
Quando crediamo che una cosa sia buona o cattiva, giusta o ingiusta, ci basiamo sulla memoria dell’intelletto, ossia su quanto abbiamo appreso in passato. È dunque importante verificare se quello che abbiamo imparato in passato, una data credenza, è ancora valida oggi, e se ci rende davvero felici. Se la cosa non ci rende felici (ed è quanto accade perlopiù quando ci sentiamo colpevoli) è molto facile dedurne che la credenza generatrice del senso di colpa non sia più benefica per noi. Il cuore soffre molto quando continuiamo ad accusarci di qualcosa. Accusare se stessi è il contrario di amar si. Concedersi di poter vivere determinate esperienze e di imparare attraverso di esse è invece ciò che vuole il cuore.

Tratto da Responsabilità impegno e sensi di colpa di Lise Bourbeau - Edizioni Amrita

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