Esperienze, emozioni, tentativi e approcci all'esistenza si traducono in “segni” che ci portiamo addosso, a maggior ragione sul nostro viso. Perché dunque non imparare a decifrare questa mappa emotiva, in modo da approfondire, magari scoprire, lati della storia e della personalità dei nostri interlocutori, ma anche di noi stessi? Ne abbiamo parlato a Filo Diretto con Antonella Marangoni, autrice del libro “Faccia a faccia”.

Quante volte nella nostra vita ci è capitato di essere ipercritici con alcuni lati del nostro aspetto? Il naso troppo grande, le labbra troppo piccole, le orecchie “a sventola”, il mento spigoloso o il viso troppo rotondo. Un giudizio, il nostro, che si concentra nella maggior parte dei casi su una semplice contrapposizione che si esaurisce in due aggettivi: “bello” o “brutto”. Insomma, ne facciamo una pura questione estetica. Eppure quel naso, quelle orecchie, quel mento o quegli occhi li vedremmo in modo completamente diverso se solo ci accorgessimo che la nostra faccia, in realtà, dice di noi molte più cose di quanto pensiamo.

Oggi, infatti, sappiamo che dall'osservazione del corpo, nostro o di chi abbiamo davanti, possiamo comprendere molti aspetti della nostra personalità e della storia di chi lo abita. Esperienze, emozioni, tentativi e approcci all'esistenza si traducono in “segno” che ci portiamo addosso, proprio come una mappa che racconta chi siamo. Dentro, quindi, e non soltanto fuori.

Esperta di fisiognomica e morfopsicologia è Antonella Marangoni. Abbiamo avuto l'occasione di vederla ospite di Filo Diretto con l'Autore, dove ci ha raccontato le molteplici sfaccettature di cosa dice di noi la nostra faccia. Antonella Marangoni è infatti convinta che ogni volto porti con sé un mondo di informazioni uniche e preziose, ma non sempre ne siamo consapevoli. Il suo interesse per questo mondo è iniziato anni fa, da un incontro: «Avevo partecipato a un congresso a Riccione che si intitolava "l'Uomo e il Mistero" e in quell'occasione, tra i vari relatori, ho sentito il morfopsicologo Jean Spinetta.

L'uomo illustrava questa disciplina, ovvero l'arte di leggere il volto attraverso l'osservazione dei suoi tratti. In quel momento ho sentito una fiamma interna e ho capito che quella era la mia strada». Da allora l'autrice ha iniziato a guardare e a studiare facce praticamente tutti i giorni. «Per me il volto è diventato, oltre la mia passione, quel qualcosa che muove tutti i miei interessi».

Una passione “per le facce” nata da più di vent'anni, che l'ha portata nel tempo a diplomarsi in naturopatia all' Istituto Riza con una tesi in Semiologia del volto e successivamente in Morfopsicologia presso la Societé Française de Morphopsychologie di Parigi. Oggi tiene corsi, conferenze, seminari e ha scritto il libro “ Faccia a Faccia ”, edito da Amrita Edizioni.

Ed è proprio nell'incipit del suo libro che ci spiega come «abbiamo scritto in faccia il nostro vissuto, le esperienze e le emozioni che ci hanno forgiato, i talenti e i limiti, anche quelli che non siamo riusciti ad esprimere». Il volto, quindi, non è solo un biglietto da visita, è molto, molto di più: «è un importante indicatore di ciò che siamo stati, che siamo e che potremo essere. Gran parte di quanto accade nella nostra vita è mostrato al mondo nel proprio volto ei suoi segnali sono evidenti».

Durante la puntata di Filo Diretto, l'autrice spiega qual è la differenza tra fisiognomica e morfopsicologia, raccontando che la fisiognomica è una disciplina antichissima: già Leonardo parlava di facce come un modo per “vedere l'anima” e ancora prima Cicerone sosteneva che "nel volto c'è tutto". «È sempre stata una prerogativa dell'uomo quella di guardare in faccia le persone e cercare di capire qualcosa in più del carattere che le rappresenta. Ma come tutte le discipline che nel corso della vita si evolvono, anche la fisiognomica aveva dei limiti che ne tempo sono stati superati, aprendosi a un concetto di olismo che presupponeva la considerazione di ogni dettaglio all'interno del contesto».

È poi all'inizio del '900 che lo psicologo e psichiatra Louis Corman riprende in mano l'antica fisiognomica e la rende più dinamica, rivolgendo lo sguardo verso il concetto di morfopsicologia. Dal rapporto tra le due discipline ne emerge l'osservazione della forma per capire l'anima e il carattere attraverso un pensiero preciso: tutto quello che è all'interno di noi viene espresso sul volto. 

Sono tante le componenti che formano quello che è il nostro volto, la nostra identità morfologica. Tutte hanno la propria importanza, dipende solo da come le viviamo. Ad esempio, delle situazioni traumatiche per una persona possono essere vissute in modo diverso da un'altra, rispecchiandosi a livello di forme sul viso a seconda di quella che è la nostra unicità e peculiarità. «La ricerca sulla fisiognomica moderna e sulla morfopsicologia - quindi la lettura del volto - per come la intendo io non è giudicare la bellezza o la bruttezza ma cercare l'espressione delle forme attraverso l'armonia e l'equilibrio».

Nonostante lo studio del volto richieda anni di preparazione e studi, l'autrice ci spiega qual è la base fondamentale dell'osservazione del volto: «È l'osservazione delle forme attraverso due movimenti naturali universali che sono apertura e chiusura. Quindi, all'interno della nostra faccia, le forme si muovono attraverso i due movimenti di espansione e ritrazione, che sono le basi della lettura. Quando andremo a trovarci di fronte a un volto e troveremo una forma arrotondata, abbondante e importante parleremo di una tipologia “in apertura” e a questo andremo ad associare delle precise connotazioni del carattere. Ad esempio, una persona più aperta è una persona più gioviale, comunicativa con le persone, a cui piace stare in mezzo alla gente. Il concetto opposto della dilatazione è invece la ritrazione, quindi le forme che vanno all'interno ci mostrano un volto e un carattere “in chiusura”.

Secondo l'autrice il nostro volto è come la nostra casa. E oltre che a guardarne la forma sarà necessario studiare anche come interagiscono occhi, naso e bocca per considerare tutto l'insieme. Elementi, che per l'autrice sono le finestre della nostra casa. Se le finestre sono aperte allora vuol dire che c'è bisogno di far entrare sempre più luce, aria, contatto. Se ha le finestre chiuse e più ristrette, allora sapremo che la persona vive più all'interno di se stessa che all'esterno.

Ciò che è importante è ricordare che non esiste tipologia migliore o peggiore: «Esiste quella che è la nostra specificità e sulla quale si può lavorare per andare a migliorare le carenze che consideriamo di avere o potenziare quelle che sono le nostre risorse». Insomma, lo studio del volto ci può realmente dare la possibilità di conoscerci, scoprirci e comprenderci; come di conoscere, scoprire e comprendere chi abbiamo davanti. E se vogliamo saperne di più, basta sfogliare le prime pagine di “Faccia a faccia” per immergerci in un mondo affascinante, assorbendo tutta la passione della sua autrice.

Per ascoltare Antonella Marangoni ed essere guidati verso una maggior conoscenza della lettura del volto, guarda tutta la puntata di Filo Diretto con l'Autore.

 

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